Nato a Corato (Bari) il 13 agosto 1952, Nicola Strippoli si laurea nel 1979 alla Facoltà di Architettura di Firenze con una Tesi sul teatro di strada (relatore Gianni Pettena, esponente dell’Architettura radicale). Parte subito dopo per un viaggio in India, che rappresenta per lui una rinascita. In India Incontra il suo maestro, Osho Rajneesh che gli affida il nome “TARSHITO”, ovvero sete di conoscenza interiore. Nei primi anni ’80 fonda a Bari la Galleria Speciale, insieme a Shama, la sua compagna di allora, anche lei designer e artista. L’esperienza dura fino al 1987 coinvolgendo progettisti e artisti di fama (Alessandro Mendini, Mario Merz, Nanda Vigo) o anche ignoti, purché interessati all’esperienza/progettazione di momenti e oggetti di ‘nuova ritualità’. Esemplare in questo ambito la bella serie dei Tappeti e arazzi della meditazione.
Nel 1990 l’esperienza di Speciale viene documentata con una Grande Mostra al Groninger Museum della città di Groningen, in Olanda, conclusiva di un trilogia che il suo direttore Frans Hacks volle dedicare al design italiano degli anni Ottanta (uniche esperienze documentate nella stessa trilogia: quella di Ettore Sottsass ovvero Memphis e di Alessandro Mendini ovvero Alchimia).
Gli anni ’90 vedono Tarshito protagonista di mostre collettive e personali e sempre più creativamente impegnato sull’archetipo del Guerriero d’Amore.
Insegna a Futurarium, scuola sperimentale fondata da Alessandro Guerriero e all’ Accademia di Bari, introducendo la meditazione come metodo di indagine e progetto. Apre nel 1998 a Milano, Speciale Terra, luogo di vita e lavoro condiviso. Fondante la collaborazione con Geologika ( Andrea Facchi e Barbara Narici ) per le realizzazioni in terra cruda e con Clara Mantica per il capillare e approfondito lavoro di lettura e sistematizzazione del suo percorso spirituale e creativo dal quale nasce così il volume “Tarshito Meditazione e Design” edito da Electa nel 2001, realizzato con la collaborazione del team di Alessandro Mendini. Il libro e la mostra “Oceano Indiano” svoltasi a Speciale Terra sul tema dell’eccellenza del lavoro artigiano e del suo valore di patrimonio per l’umanità (curata da C. Mantica e Daniela Bezzi), creano spazio e opportunità per aprire a Tarshito l’universo indiano. Daniela Bezzi, residente In India e profonda conoscitrice della sua cultura, accompagna Tarshito in questo percorso a cominciare dalla mostra “ The Gold and the Clay” ( 2001) di cui è
curatrice insieme a Jyotindra Jain al Crafts Museum di New Delhi. Il suo percorso artistico si espande e al tempo stesso si focalizza, nell’entusiasmante pratica di collaborazione con gli artigianati dell’India.
Dalla terracotta al metallo, dalle pitture tribali della tradizione Warli oppure Sohrai ai ricami del Gujarath o del Rajasthan, dalle delicate miniature di Bikaner agli sgargianti dipinti devozionali dell’Orissa: la sete di sperimentazione di nuove relazioni, di ‘condivisione creativa’ non conosce sosta, mentre si fa strada il desiderio di dipingere in proprio, di provarsi con il segno del pennello sulla tela con gesto proprio. Il risultato è l’infinita serie dei Vasi, grandi, enormi oppure piccoli, su carta, tessuto o in sculture di grandi dimensioni, che sono il più eloquente Manifesto della sua poetica: l’Opera di Tarshito si esprime nell’atto dell’accogliere e riempirsi, e quindi traboccare. Un travaso concettuale ed emotivo che avviane nella relazione con la forma/materia dell’artigiano, o guidando sedute particolarissime di meditazione, o progettando opere che possono considerarsi Monumenti a un tipo completamente nuovo e al tempo stesso antico e purissimo di Arte sacra: quella in cui l’artista si propone come umile canale di trasmissione, di una creatività che essendo già in sé stessa ‘dono’, potrà solo gioiosamente condividersi, anche autorialmente, con altri. Restando però sempre e inconfondibilmente by Tarshito, per la leggerezza con cui tutto ciò si compie e celebra, ogni volta.